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Cibo: in famiglia lo spreco più elevato

    
     Sono più di 100kg di cibo a testa che ogni anno gli italiani buttano nella spazzatura. Molti chili di cibo che se venisse recuperato in tutta Europa sfamerebbe almeno 200milioni di persone. Ancora peggio fanno le aziende produttrici o trasformatrici di cibo che eliminano grandi quantità di cibo a volte andato a male solo perché invenduto.
   Nel complesso si parla di circa un terzo della produzione di cibo che automaticamente finirà in discarica, una quantità enorme che crea problemi anche dal punto di vista ambientale. I dati analizzati a seguito delle politiche di recupero adottate negli ultimi anni, hanno evidenziato che se a livello industriale è possibile effettuare una sorta di recupero del cibo, il problema più grosso è quello casalingo dove lo spreco è più elevato. Infatti se la Francia e l'Australia sono tra i paesi più virtuosi nel recupero del cibo aziendale, arrivando in Australia a recuperare sino al 100% del cibo trattato in azienda, è nelle abitazioni che lo spreco si fa più importante, tanto da collocare la stessa Australia ad un livello molto basso.
   Le cause di tale spreco di cibo in famiglia è da ricercare da una parte nello stesso sistema commerciale che spinge le persone a comprare sempre cibo in qualsiasi orario del giorno e dall'altra mettendo a disposizione carrelli sempre più grandi. Infatti uno studio ha dimostrato come dagli anni '50 in poi i carrelli della spesa si sono fatti sempre più grandi, perché vedere un carrello vuoto spinge la persona a riempirlo con prodotti che penserà di consumare prima o poi. Se si considera che ogni persona mensilmente spende in media circa 230euro di cibo, a fine anno viene cestinato circa un terzo del cibo acquistato, pari a 900euro circa annui. Basterebbe soltanto che si facesse un effettivo controllo di ciò che si ripone nella dispensa, programmando gli acquisti e tenendo conto degli alimenti e delle sue stagionalità, seguendo la piramide alimentare mediterranea. Infatti molto spesso acquistiamo primizie che non hanno alcun sapore o che sono ancora duri e perciò immangiabili o, ancora, acquistiamo prodotti già pronti da mangiare, acquistati a ridosso del pranzo o della cena, quindi in condizioni di fame estrema che ci induce a prendere più di quanto ci serva per davvero. Il risultato è il dato oggetto di studio ossia spreco alimentare e di denaro che potremmo evitare se solo seguissimo i dettami della dieta mediterranea.





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